L'Italia lo fa di nuovo. Vendere armi a Paesi come il Pakistan o l'Arabia Saudita, intendo. Leggendo l'ultima versione del Rapporto annuale sulle esportazioni e importazioni di materiali d'armamento, infatti, il dato è piuttosto interessante o, se vogliamo, desolante. Il Rapporto mostra chiaramente come nel 2021, anno ampiamente segnato dalla pandemia di Covid-19, le aziende militari italiane abbiano lavorato a pieno regime esportando armamenti nel mondo per un controvalore che costituisce un record storico: quasi 4,8 miliardi di euro. Ma dimostra anche che tra i maggiori acquirenti di sistemi militari italiani figurano, per quasi la metà delle licenze, regimi autoritari e spesso repressivi. Infatti, il primo acquirente è il Qatar (813,5 milioni) e poi troviamo il Pakistan (203,7 milioni), le Filippine (98,7 milioni), il Brasile (72,9 milioni), gli Emirati Arabi Uniti (56 milioni), l'Arabia Saudita (47,2 milioni). La Turchia rimane a 41,5 milioni, aumentando la spesa rispetto ai 34,6 milioni del 2020. In sintesi, e non per la prima volta, tra i principali destinatari ci sono nazioni belligeranti, regimi che non rispettano i diritti umani e governi fortemente repressivi. Il caso del Pakistan è emblematico, visti gli scarsi precedenti in materia di diritti umani del Paese, le regolari proteste dell'Italia e del Vaticano per il trattamento delle minoranze religiose e la politica militare del Pakistan che va specificamente contro l'articolo 11 della Costituzione italiana: "L'Italia ripudia la guerra come risoluzione dei conflitti" e contro le leggi del Paese. La legge 185 del 9 luglio 1990, che vieta l'esportazione e il transito di materiali d'armamento verso Paesi in conflitto, a meno che non siano stati attaccati da altri Paesi (come stabilito dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite), verso Paesi la cui politica contrasta con i principi dell'articolo 11 della Costituzione e verso Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani, accertate dall'ONU, dall'UE o dal Consiglio d'Europa. Nonostante ciò, le vendite di armi al Pakistan nel 2018 sono state circa quattro volte superiori a quelle contabilizzate nel 2017, che si sono attestate a 174,1 milioni di euro, e hanno raggiunto nel 2021 la bella cifra di 203,7 milioni. Qualcuno dovrebbe forse fornire al Parlamento italiano l'ultimo rapporto di Human Rights Watch: "Nel 2021, il governo pakistano ha intensificato gli sforzi per controllare i media e limitare il dissenso. Le autorità hanno perseguitato, e talvolta arrestato, giornalisti e altri membri della società civile per aver criticato i funzionari e le politiche del governo. Sono continuati anche gli attacchi violenti contro i membri dei media. Le autorità hanno esteso l'uso di leggi draconiane sulla sedizione e sull'antiterrorismo per soffocare il dissenso e hanno regolamentato severamente i gruppi della società civile che criticano le azioni o le politiche del governo. Le autorità hanno anche preso provvedimenti nei confronti dei membri e dei sostenitori dei partiti politici di opposizione. Le donne, le minoranze religiose e i transessuali continuano a subire violenze, discriminazioni e persecuzioni e le autorità non riescono a fornire una protezione adeguata o a chiamare i responsabili a rispondere del loro operato. Il governo continua a fare poco per ritenere le forze dell'ordine responsabili di tortura e altri gravi abusi...... Le forze dell'ordine pakistane sono state responsabili di numerose violazioni dei diritti umani, tra cui la detenzione senza accuse e le uccisioni extragiudiziali.... Il Pakistan non ha ancora emanato una legge che criminalizzi la tortura, nonostante l'obbligo del Pakistan di farlo in base alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura". Ma, nonostante l'establishment politico-militare pakistano abbia mantenuto relazioni ambigue con le organizzazioni fondamentaliste islamiche pro-al-Qaeda e con tutti gli altri gruppi terroristici assortiti, compreso il regime talebano, il Pakistan è ancora considerato un alleato occidentale chiave in Asia meridionale, non solo dall'Italia ma da tutta l'Unione Europea Nel novembre 2021, una delegazione dello Stato Maggiore pakistano è stata ospite dei vertici NATO a Bruxelles per "rafforzare" i reciproci legami militari. "Il Pakistan è un partner strategico nella guerra al terrorismo, poiché il terrorismo continua a minacciare la sicurezza delle nostre popolazioni e la stabilità internazionale", ha dichiarato il direttore dello Stato Maggiore Internazionale della NATO, generale Hans-Werner Wiermann, a conclusione dell'incontro. Altrettanto consolidata è la partnership diplomatico-militare tra Roma e Islamabad. A fine novembre 2021, funzionari della Direzione Nazionale degli Armamenti del Ministero della Difesa si sono recati in missione a Karachi per il faccia a faccia annuale (il 13° ad oggi) tra le forze armate di Italia e Pakistan. "Da 70 anni i due Stati sono legati da una solida amicizia e da un'importante cooperazione bilaterale in molti campi che possiamo ulteriormente consolidare", ha auspicato il Gen. Luciano Portolano, Segretario Generale della Difesa, ribadendo l'impegno a rafforzare la cooperazione tra i rispettivi settori industriali per la produzione di sistemi d'arma, materiali ed equipaggiamenti. E quest'anno l'incontro, che si è concluso giorni fa a Roma, è andato ancora meglio. E quest'anno l'incontro, conclusosi giorni fa a Roma, è andato ancora meglio. Le parti hanno dichiarato che "oltre il 50% delle attività messe in campo si sono concluse con successo. Questo grazie al continuo lavoro e confronto tra i gruppi di lavoro dei due Paesi negli ultimi mesi e alla sinergia con le industrie italiane del settore, come AIAD, Fincantieri, Leonardo, MBDA Italia, Elettronica, Rheinmetall Italia e Fabbrica d'Armi Beretta. In particolare, sono stati affrontati temi riguardanti la manutenzione degli equipaggiamenti forniti alla Difesa pakistana dalle industrie italiane nei settori terrestre, aereo e navale e sono state discusse ulteriori opportunità di cooperazione futura nel settore dei materiali per la Difesa. Sono state inoltre discusse alcune potenziali cooperazioni industriali nel campo delle armi portatili, della guerra elettronica e della cantieristica navale". Lo stesso Gen. Portolano "ha riconosciuto il ruolo che il Pakistan svolge nel complesso contesto regionale e nel delicato processo di stabilizzazione dell'Afghanistan, evidenziando, in particolare, la posizione che il Paese asiatico assume nella comunità internazionale come attore regionale, con una politica estera aperta alla cooperazione con la Cina, pur mantenendo importanti relazioni con gli Stati Uniti e l'Unione Europea". A quanto pare, il Gen. Portolano e il Governo italiano non si preoccupano, come noi cittadini, del fatto che molte di queste armi siano utilizzate dal Pakistan contro i propri cittadini. E, cosa ancora più preoccupante, del fatto che, nonostante le organizzazioni per i diritti umani abbiano protestato ed evidenziato che le armi vendute al Pakistan o al Qatar potrebbero e finirebbero nelle mani di terroristi sfornati dallo Stato o di Stati terroristi tramite triangolazioni, il Governo italiano non ha alcuna intenzione di fermare questo sanguinoso ma remunerativo commercio.Francesca Marino