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Khalistan e Jihadi in Italia
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E' un fenomeno completamente nuovo, che da qualche tempo stupisce più che allarmare le autorità competenti. Da qualche mese a questa parte difatti, a Napoli, gli impiegati preposti a smistare le domande di asilo hanno rilevato un flusso costante di individui di nazionalità indiana e di religione sikh che chiedono asilo politico sostenendo di essere perseguitati in India a causa della loro appartenenza al Khalistan Movement, un movimento separatista che mira a fare della regione del Punjab uno stato indipendente su base etnico-religiosa. I richiedenti asilo in questione arrivano via nave, e nella maggior parte dei casi si presentano agli uffici competenti già armati di petizioni redatte da avvocati locali. Non si sa quante domande sono state accolte o se le autorità italiane saranno disposte ad accoglierle, perchè il Khalistan Movement, pur non essendo un gruppo terrorista vero e proprio, sconfina e si sovrappone al terrorismo Sikh molto attivo negli anni novanta e sconfitto all'epoca dal superpoliziotto (anch'esso Sikh) KPS Gill. I gruppi terroristici di matrice Sikh difatti, pur essendo largamente sconosciuti in Italia, hanno ricominciato da un paio d'anni a questa parte a essere molto attivi: con la benedizione e il sostegno dei servizi segreti pakistani. E i frutti si vedono anche in Italia. Da almeno un paio d'anni, difatti, in Italia i Sikh si uniscono regolarmente ai pakistani che manifestano per 'liberare' il Kashmir indiano dal governo di New Delhi. E poco importa che nessuno dei dimostranti sia kashmiro o sia pur vagamente indiano ma siano tutti pakistani, prevalentemente punjabi, trasportati in loco da organizzazioni che sostengono apertamente la jihad in India. I rappresentanti della comunità Sikh si uniscono alle manifestazioni portando cartelli con su scritto “Khalistan Kalsa” (Khalistan libero, traducendo dal punjabi) e tutte le manifestazioni sono benedette dalla presenza di Lord Nazir Ahmed, che sostiene apertamente il Khalistan e ha lanciato una nuova campagna chiamata 'Kashmir2Khalistan'. La campagna è sostenuta anche da un'organizzazione chiamata 'Sikhs for Justice', recentemente dichiarata fuorilegge in India. L'organizzazione ha deciso di promuovere una raccolta di firme tra i Sikh di tutto il mondo per chiedere l'indipendenza del Punjab e l'Italia, a quanto pare, è diventata uno degli hub principali per la raccolta di firme e di fondi destinati a questo scopo. O, almeno, così sostengono i promotori. Firme e fondi vengono difatti raccolti non soltanto nei gurudwara (i templi Sikh) o tra gli appartenenti alla comunità ma anche attraverso i consolati pakistani in Italia. Non solo: il denaro raccolto arriva a destinazione adoperando gli stessi canali che da anni nell'Italia del nord vengono adoperate da gruppi jihadi pakistani per finanziare le loro attività in India e altrove. Provenivano dall'Italia, difatti, i fondi adoperati per finanziare l'omicidio, nel 2018, di cinque leader politici punjabi, così come provenivano dall'Italia i fondi usati da gruppi teroristici pakistani per una serie di attentati negli ultimi anni in India, a cominciare dal famoso attacco di Mumbai del Novembre 2008. Lo scorso luglio la polizia italiana ha chiuso a Udine un Internet point 'fantasma': che non esercitava cioè nessuna attività ufficiale ma fungeva soltanto da centro di raccolta fondi per cittadini di prevalenza pakistani, quasi tutti con documenti falsi e senza alcuna attività lavorativa dichiarata, che spedivano soldi in Pakistan o in Afghanistan. Il blitz è stata effettuato su segnalazione della polizia di Brescia che, per l'ennesima volta, ha cercato di smantellare un network di trasmissioni di denaro illegali. Gli investigatori hanno scoperto in città una vera e propria rete di negozi, parrucchieri, alimentari o altre attività 'insospettabili' che venivano adoperati per riciclare denaro sporco e per inviare denaro in Pakistan o in Afghanistan. Denaro che, secondo gli inquirenti, proveniva da attività come la prostituzione o il traffico di droga e da “sospetti legami con attività legate al terrorismo islamico”. L'ammontare delle transazioni effettuate, sempre secondo gli inquirenti, superava gli otto milioni di euro. A finire nel mirino degli investigatori sono stati anche una serie di cosiddetti “Centri di cultura islamica pakistana”: secondo gli inquirenti, difatti, una buona parte degli otto milioni di euro in questione, dichiaratamente destinati alla jihad, è stata raccolta dalle organizzazioni in questione. Che sono tutte connesse a quanto pare alla 'Società di propaganda', un organizzazione molto attiva tra gli immigrati che predica l'Islam radicale e mira a “imitare lo stile di vita del Profeta” e riportare sulla retta via i 'cattivi' musulmani che si lasciano fuorviare dall'Occidente o da posizioni moderate. Un fenomeno preoccupante, soprattutto se si considera che quasi tutte le organizzazioni citate nel rapporto degli investigatori avevano firmato, nel 2017, il 'Patto di Brescia per un Islam laico': un documento in cui le organizzazioni in questione riconoscevano la laicità dello stato italiano e si impegnavano a collaborare con i rappresentanti dello stato per combattere il terrorismo e l'integralismo religioso.
Francesca Marino
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