Xi Jinping
I drammatici avvenimenti non hanno impedito ai capi di Stato e di governo dei cinque paesi - Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa - di convergere su Xiamen, una dinamica citta’ portuale che siu affaccia sullo stretto di Taiwan molto cara al leader cinese Xi Jinping, che vi ha percorso i primi passi della sua carriera.
Cina e Russia sono i paesi che, di fatto, tengono in vita il regime di Pyongyang, permettendo che le sanzioni vengano aggirate dalle loro imprese e chudendo entrambi gli occhi sulle attivita’ illegali come il traffico di droga e di armi della Corea del Nord. Una loro presa di posizione - chiara, decisa e verificabile - forse non metterebbe in ginocchio il regime ma certamente costituirebbe per Kim Jong-un e il suoi associati un colpo duro da assorbire. Possibilita’ che la prendano? Zero.
L’ una e l’ altra - certamente la Cina di Xi Jinping - hanno accettato l’ esistenza di una Corea del Nord nucleare come il male minore rispetto a una Corea unificata e alleata degli USA che porterebbe i marines americani schierati a difesa della Corea del Sud ai loro confini. Il presidente americano Donald Trump ha scelto di puntare esclusivamente sulla Cina, lasciando in pace la Russia, con la quale ha gia’ abbastanza guai: una strategia miope e “destinata al fallimento” - per usare un’ espressione amata dalla propaganda cinese. La Cina ha infatti tenuto a battesimo il programma nucleare di Pyongyang, integrandolo col suo e con quello del suo altro alleato regionale, il Pakistan. Inoltre, il suo pensiero strategico si basa su un futuro scontro con gli USA per l’ egemonia nel Pacifico.
La disputa che per oltre due mesi ha visto i militari indiani e cinesi fronteggiarsi pericolosamente nel reame himalayano del Bhutan, in una localita’ chiamata Doklam dove i confini tra i tre paesi si mischiano, e’ ancora piu’ distruttiva per l’ associazione dei cinque paesi “emergenti”. In sintesi, questa la storia di Doklam: i militari cinesi hanno iniziato la costruzione di una strada in una porzione di territorio conteso, che e’ sotto il controllo del Bhutan; lo stesso Bhutan e’ legato all’ India da un patto di difesa; l’ India ha mandato i suoi soldati a bloccare quelli cinesi. Dopo dieci settimane - piu’ o meno - di confronto, sia New Delhi che Pechino hanno ritirato le loro truppe, ricreando la situazione che esisteva in precedenza. Questo non significa che la questione sia risolta, tutt’ altro. Le ricostruzioni sono diverse - sia i media indiani che quelli cinesi parlano di “vittoria”, mentre la realta’ e’ quella di un pareggio a reti inviolate - ma la sostanza non cambia. Sembra che la Cina abbia mostrato la volonta’ di chiudere la vicenda prima dell’ inizio del vertice di Xiamen al quale, secondo alcuni commentatori, Xi Jinping teneva molto per rilanciare il suo improbabile ruolo di nuovo leader mondiale in sostituzione dell’ “isolazionista” Trump: un sogno che difficilmente si verifichera’ ma abbastanza forte da spingere l’ uomo forte cinese, per una volta, ad un compromesso.
L’ analista indiano Samir Saran ha spiegato, in un pezzo pubblicato dall’ Hindustan Times, perche’ la vicenda dei Doklam ha messo i luci i pesanti limiti dell’ entita’ chiamata BRICS. Per Saran, la Cina sta usando quel forum per promuovere il suo programma economico e geopolitico, fondato sulla cosidetta Belt and Road Initiative (BRI) e sul China Pakistan Economic Corridor (CPEC), osteggiato da New Delhi perche’ passa per alcune delle areee contese nel Kashmir e perche’ ha gia’ portato i militari cinesi ai suoi confini. “Mentre il BRICS simboleggia un mondo multipolare - sostiene l’ analista - la BRI e il CPEC sono il volto arcigno di un’ Asia unipolare”.
Per l’ India il miglior risultato del BRICS - un’ organizzazione creata nel 2009 e accompagnata finora da molta retorica terzomondista e da pochi risultati concreti - e’ stata la creazione della New Development Bank (NDB), nata con un capitale di 50 miliardi di dollari e che punta a raggiungere i cento. Una massa di liquido destinata soprattutto ai progetti infrastrutturali e governata da criteri piu’ “democratici” di quelli usati dalle istituzioni internazionali nate dopo la Secondo Guerra Mondiale, che sono dominate dagli USA e dai loro alleati.
Come ha ricordato Xi Jinping nel suo discorso al forum, nei dieci anni di esistenza del BRICS, le cinque economie sono cresciute complessivamente del 179 per cento, mentre il volume dei loro interscambi e’ raddoppiato. Il leader cinese ha aggiunto che il BRICS potra’ giocare un ruolo “costruttivo” nella “soluzione dei problemi geopolitici”. Un po’ troppo per una delle nuove istituzioni che stanno nascendo mano a mano che i paesi dell’ ex-terzo mondo crescono economicamente e assumono ruoli importanti nel nuovo ordine mondiale e che stanno muovendo i loro primi, incerti, passi.