Passerà qualche anno, dicono, prima che la famiglia Trudeau si riprenda dalla figuraccia epica fatta in India. E' passata qualche settimana infatti da quello che la stampa indiana ha definito 'il picnic' dei Trudeau nella patria di Gandhi, e contestazioni e risate non accennano a spegnersi. Materia del contendere, questioni marginali come l'abbigliamento dei trudeau al completo, e questioni più serie come l'imprudenza del buon Justin nel farsi fotografare con personaggi accusati di omicidio. Ma andiamo per ordine, partendo dall'argomento che ha tenuto banco per giorni sui social media e su giornali e Tv indiane: l'abbigliamento di Justin e famiglia. Che, evidentemente mal consigliati, hanno pensato di conquistare cuori e menti dell'India conciandosi come un incrocio tra una banda di vecchi fricchettoni che bivaccano tra Benares e Goa e una star di Bollywood a un matrimonio cinematografico. Facendo ridere i più, e al coro si sono aggiunti anche seri analisti e giornalisti d'inchiesta, e facendo arrabbiare una buona fetta della popolazione locale che ha preso le mise dei Trudeau come un vero e proprio insulto di stampo colonialista, per quanto sottile. E in effetti, era difficile non ridere di fronte a certe invenzioni sartoriali del buon Justin, che sembrava la caricatura di uno sposo in un B movie bollywoodiano. Soprattutto quando, in visita alla suddetta Bollywood, Sharukh Khan, il re dell'industria cinematografica locale, si è presentato in completo nero di Armani con t-shirt in tinta. Così come hanno fatto regolarmente tutti i dignitari, gli imprenditori e i diplomatici che Justin ha incontrato nel corso dei suoi otto giorni di vacanze indiane. Vacanze, perchè in realtà gli incontri ufficiali sono stati davvero pochi. A ricevere la famiglia Trudeau all'aeroporto è stato mandato difatti, e la cosa ha mandato un segnale forte fin dal principio, il più giovane e spaesato membro dell'amministrazione che si sia mai visto in missione ufficiale. Dopodichè, il nulla o quasi. L'ambasciata canadese a Delhi si affannava a inviare inviti più o meno a chiunque, compreso Abhijit Iyer-Mithra che su Twitter definisce regolarmente 'Turd-eau' il buon Justin, per riempire i saloni di ricevimento. Mentre la famiglia, regolarmente paludata in outfit sempre più improbabili, si dedicava con molti fotografi e pochi dignitari al seguito a visitare luoghi di interesse turistico. I due poveri pargoli hanno suscitato la compassione generale, paludati in due pigiami a righe fuori dalla moschea di Delhi e con regolamentare fazzoletto arancione in testa, come papà, in visita al Tempio d'oro di Amritsar. Perchè Trudeau, e qui sta tutto il nocciolo diplomatico della faccenda, ha relazioni strette e ottime con la comunità sikh, tanto da avere un paio di sikh nel proprio governo. Quello che l'India gli rimprovera, è il poco discernimento: e il fatto che Justin mantiene relazioni anche con qualche figuro accusato, con prove, di appartenere alla Babbar Khalsa: organizzazione terroristica finanziata dall'Isi pakistana che mira, tanto per fare una cosa nuova, a separare il Punjab indiano. E con singolare idiozia, perchè non c'è davvero altro modo per definirla, l'amabsciata canadese a Delhi includeva nella sua lista di inviti al ricevimento in onore di Trudeau anche Jaspal Atwal, membro di organizzazioni sikh hardcore che nell'86 è finito in galera per aver sparato a Malkiat Singh Sindu, allora ministro del Punjab. L'invito ad Atwal, con un altro capolavoro diplomatico di stampo canadese, è stato 'ritirato' non appena la notizia è diventata di pubblico dominio. Ma ormai il danno era fatto, e in ogni caso già circolavano in rete foto del suddetto Atwal con la famiglia Trudeau. Il portavoce di Justin si è affannato a spiegare che si trattatava di foto casuali scattate a un qualche ricevimento pubblico, ma nessuno gli ha creduto. Il fatto è che Trudeau ha contato e conta sul voto della più che consistente comunità sikh in India, tanto che qualcuno affettuosamente lo chiama 'Justin Singh', e tenta di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Impresa che, allo stato dei fatti, non gli è riuscita particolarmente bene. Dopo aver fatto ridere difatti tutta l'India, dopo aver ridotto a brandelli la reputazione della rappresentanza diplomatica canadese a Delhi e dopo aver fatto spendere fiumi di inchiostro sulle sue frequentazioni azzardate, a Justin è stato concesso, il giorno prima di partire, di incontrare Narendra Modi. Per fortuna, dopo giorni di mise fricchettone, indossando giacca e cravatta. Modi lo ha gratificato di uno dei suoi abbracci da orso, di una formale accoglienza e di poche ma ben scelte parole sui rapporti tra le due nazioni. Ed è uscito del tutto vincitore, come l'India tutta, dalle giornate indo-canadesi. Justin e famiglia sono tornati a casa tra le polemiche, ma hanno imparato almeno una cosa: a considerare l'India come una nazione e non in base agli stereotipi tramandati dall'occidente. La capretta di Gandhi e il suo filatoio non abitano più qua da tanto, tanto tempo.