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Gli orrori della rieducazione in Tibet
  • Chen Quanguo visits police post in Lhasa
    Chen Quanguo visits police post in Lhasa
Un video che è circolato per pochi giorni su Internet, prima di essere cancellato dalla censura cinese, ha rivelato che la “rieducazione” è largamente usata non solo nel Xinjiang - dove è stato calcolato che un milione di esponenti della minoranza etnica uighura siano stati internati nei centri dove si pratica il lavaggio del cervello - ma anche nel Tibet.

Il video - ha scritto sulla rivista cattolica Uca l’ esule tibetano Sang Jiaje - “non è una visione piacevole”. L’ esule passa poi a descriverlo. Il video si apre con il discorso di un dirigente del Partito Comunista Cinese della municipalità di Jinglin, che si trova nella contea di Bianba, parte della città di Changdu (Chamdo in tibetano), la più grande del Tibet orientale e storicamente un bastione del movimento nazionalista anti-cinese. Il dirigente parla con una donna locale dei risultati raggiunti con la sua “rieducazione” e le spiega che è stata “fortunata” dato che lo Stato ha speso soldi ed energie per “occuparsi di lei”. “Il villaggio - prosegue l’ uomo - ti ha offerto una educazione veramente ottima, e ora devi superare un esame per vedere che cosa hai imparato”. Prima le pone delle domande di routine sulla sua famiglia, la sua vita, ecc. poi le fa dichiarare di aver ricevuto nel 2017 un sussidio di 3760 yuan cinesi (circa 490 euro) e uno di 3560 yuan nel 2018. Naturalmente, la donna si dichiara estremamente soddisfatta sia del sussidio che della “rieducazione” e aggiunge che grazie alle lungimiranti politiche del Partito, in Tibet non ci sono più poveri.

Nel video, che prima di essere rimosso ha avuto milioni di spettatori, si precisa che la rieducazione alla quale è stata sottoposta la sfortunata protagonista fa parte della campagna dall’ orwelliano titolo di “quattro enfasi e quattro amori”…le quattro dichiarazioni d’ amore, come ha precisato in uno dei suoi numerosi discorsi il dittatore Xi Jinping, sono le seguenti: “amore per il centro del Partito (cioè lo stesso Xi JInping); amore per la madrepatria sottolineandone l’ unità (cioè che il Tibet è parte della Cina); amore per la tua patria sottolineando il contributo che puoi dare; amore per la tua vita sottolineando la conoscenza. Delle quattro elencate “dichiarazioni d’ amore” elencate dal dittatore, l’ ultima è particolarmente macabra, se si tiene presente che negli ultimi anni almeno 155 tibetani si sono dati fuoco in una disperata forma di protesta contro quella che considerano l’ occupazione da parte della Cina del loro territorio.

Sang Jiaje ricorda che la “rieducazione” viene imposta non solo ai civili, ma anche ai monachi buddhisti, ai quali viene imposto di denunciare il loro leader in esilio, il Dalai Lama, come un pericoloso sovversivo e che decine di migliaia di “quadri” del Partito sono stati inviati in Tibet negli ultimi anni. Non per niente Chen Quanguo, oggi capo del PCC nel Xinjiang e ideatore degli infami centri di rieducazione, si è fatto le ossa nella Regione Autonoma del Tibet, dove ha diretto il Partito dal 2011 al 2016, anni chiave per la “pacificazione” della regione dopo la sanguinosa rivolta del 2008. Sono stati gli anni delle auto-immolazioni, che Pechino ha cercato di bloccare in tutti i modi, prima di tutto perseguitando le famiglie di coloro che si suicidano. L’ ultimo tibetano ad autoimmolarsi è stato un giovane di nome Druk Kho di Ngaba, in una porzione del Tibet storico che è stata annessa alla provincia cinese del Sichuan. La maggior parte delle immolazioni si sono verificate in questa provincia.

È da allora, dalla violenta protesta del 2008, che il Tibet è quasi completamente chiuso a giornalisti e diplomatici mentre per i turisti non cinesi è sempre più difficile ottenere un visto. Per cercare di mettere fine a questa pratica, il Congresso e il Senato degli USA hanno approvato una legge che stabilisce la reciprocità per i funzionari cinesi che intendono visitare il paese. A loro, hanno stabilito i legislatori statunitensi, verranno applicate le stesse restrizioni che loro impongono agli americani che vogliono visitare il Tibet.

Un buon inizio per ristabilire il principio di reciprocità, un principio di base delle relazioni internazionali, al quale la Cina è riuscita fino ad oggi a sottrarsi e un buon esempio per il resto del mondo.
Beniamino Natale
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