Ogni tanto il Pakistan si sveglia garantista e ligio alle libertà costituzionali. Il che avviene di solito, purtroppo, quando materia del contendere sono i cosiddetti 'assetti strategi' orgoglio e vanto dei servizi segreti e dell'esercito. Quegli assetti strategici, tanto per essere chiari, che il resto del mondo, a cominciare dalle Nazioni Unite, definisce più semplicemente organizzazioni terroristiche. Come la Lashkar-i-Toiba e i suoi derivati, per fare dei nomi. Accade così che l'Alta Corte di Lahore, per per l'ennesima volta, emetta una sentenza a dir poco scandalosa. Il 23 gennaio scorso, difatti, i giudici hanno deciso che il governo non può arrestare Mohammed Hafiz Saeed, fondatore per l'appunto della suddetta Lashkar-i-Toiba e capo di una serie di organizzazioni-ombra come la Jamaat-u-Dawa e la Falayat-i-Insayat che sono nella lista delle organizzazioni terroristiche delle Nazioni Unite. Così come Saeed, d'altra parte. Il governo non può arrestare, nemmeno per finta come fa di solito, l'uomo accusato di aver pianificato la strage di Mumbai del 2008 perchè agirebbe 'dietro pressioni americane'. Certamente non è la prima volta che accade, e non sarà l'ultima. Ma questa volta, il garantismo dei prodi giudici pakistani è andato oltre. L'Alta Corte di Islamabad ha difatti deciso che il partito della Milli Muslim League può partecipare alle prossime elezioni politiche. E la Milli Muslim League, che ha fatto man bassa di voti alle elezioni amministrative di Lahore nella recente tornata, prima di essere bandita dalla Commissione elettorale, altro non è che l'ennesimo avatar di Hafiz Saeed e compagnucci di merende al tritolo. Per essere chiari, dopo le prossime elezioni esiste quindi la concreta possibilità che in Pakistan a capo del governo sieda un terrorista o, quantomeno, uno dei suoi uomini di paglia. O meglio, esiste la possibilità concreta che l'esercito e i servizi, stufi di dover tenere in riga con ogni mezzo i cosiddetti governi civili, adoperino il loro più fulgido assetto strategico per governare direttamente il paese con mezzi assolutamente democratici. Adoperando ancora una volta spregiudicatamente la democrazia per instaurare la più sinistra delle dittature. O meglio, per dirla con qualche generale, battendo l'occidente al suo gioco adoperando le sue stesse armi: i diritti civili. Secondo l'Alta Corte di Islamabad, quella stessa corte che manda senza prove la gente in galera per blasfemia e condona i delitti d'onore, la decisione della Commissione elettorale di bandire la Milli Muslim League perchè affiliata a organizzazioni terroristiche è 'irragionevole, illegale e contro la Costituzione e la legge”. La Costituzione pakistana, puntualizzano i bravi giudici (quegli stessi giudici che giurano fedeltà ai nuovi padroni a ogni colpo di Stato), conferisce a ogni cittadino che non sia parte della pubblica amministrazione o dell'esercito il diritto di fondare un partito politico. Siccome non è specificamente previsto dalla Costituzione che a un cittadino sulla lista dei terroristi internazionali venga impedito di fondare un partito, ad Hafiz Saeed e ai suoi sgherri non può essere impedito di candidarsi. La sentenza anzi, le sentenze, dei giudici pakistani arrivano pochi giorni dopo la decisone, da parte della Financial Action task Force (Fatf) di includere il Pakistan nella 'grey list' di paesi a cui applicare restrizioni e sanzioni monetarie e finanziarie perchè sospettati di finanziare il terrorismo. Sulla decisione della Fatf, che ha destato scalpore perchè supportata anche da cinesi e sauditi che tradizionalmente hanno sempre sostenuto il Pakistan, avrebbe pesato il rifiuto reiterato di Islamabad di intraprendere azioni concrete contro la Lashkar-i-Toiba e la rete Haqqani. L'inclusione della Milli Muslim League nelle liste elettorali, assieme alla mancanza di azione contro le suddette organizzazioni potrebbe far finire il Pakistan, in giugno, sulla 'black list' anziché sulla grey list del Fatf con conseguenze potenzialmente pesantissime sulla disastrata economia del paese. Potrebbe. Perchè in realtà queste decisioni dei giudici, e sono decisioni politiche importanti, sono perfettamente in linea con quella che è sempre stata la spregiudicata strategia pakistana fin dai bei tempi del generale Musharraf. Ogni volta che gli Stati Uniti e l'occidente tutto fanno pressione su Islamabad e minacciano di tagliare aiuti e di comminare sanzioni, aumentano gli attentati in Afghanistan ma non solo. Islamabad e i suoi assetti strategici agitano lo spauracchio dei terroristi al governo e della Bomba islamica in mano ai jihadi, come se i militari che controllano la Bomba in questione non fossero della stessa pasta. E ogni volta Washington fa marcia indietro. Resta da vedere se la strategia funzionerà ancora una volta, e se la prossima riunione dell'Fatf in giugno confermerà le decisioni di febbraio. O meglio: se Donald Trump inrende davvero andare fino in fondo e andare a scoprire una buona volta i bluff pakistani, o se davvero vedremo tra i banchi del Parlamento di islamabad Hafiz Saeed e la sua armata di terroristi travestiti da assistenti sociali. Con buona pace della democrazia. Francesca Marino